Dopo il silenzio.

di Lorenzo Marvelli

 

Attore o infermiere?

Attore off o infermiere eretico?

Teatro o ospedale?

Essere come e dove soprattutto?

Se fossi un musicista blues opterei per nessuna delle due cose: vivere ai margini, vivere a duecento all’ora, vivere per la chitarra, queste sono le cose che lo appassionano.

Se fossi un padre violento o, più semplicemente, se avessi un concetto molto superficiale della donna non starei tanto a preoccuparmi.

Più o meno come il musicista blues.

Purtroppo non sono nessuno di loro e così scegliere è un obbligo, una questione di onestà intellettuale.

Ed io sono onesto!

Forse...

Di certo sono un infermiere.

Ed anche un attore!

Forse...

Eretico!

Questo è certo.

Sì, un attore eretico.

Ed un infermiere eretico!

Sì, questo è sicuro!

Per un attore eretico l’ospedale è il teatro ove agire il proprio dissenso nei confronti dell’Istituzione Totale: l’attore eretico in ospedale diviene un malato terminale che grida, col proprio dolore, il diritto a non essere torturato da mani violente.

L’attore eretico in ospedale diviene anoressico per agire la propria rivolta con il cibo; egli sembra gridare al Regime: “Non imponete controlli ma impariamo insieme a contrattarli. Cazzo!”

L’attore eretico in ospedale è un infermiere che piange di fronte a un collega.

Alla sera.

Piange perché non riconosce più le sue mani da quando queste hanno smesso di chiedere prima di fare.

Piange  asciugando le lacrime proprio con queste mani colpevoli ed è un bel gesto: l’infermiere guarda le mani lucenti di pianto e torna a creder in loro, come una volta, tanti anni fa.

Forse...

L’attore eretico punta la pistola sulla tempia di una agitata spettatrice; quanto gli costa quel gesto violento, vorrebbe svelare il trucco e sussurrare all’orecchio della vittima: “Non preoccuparti è solo teatro” ma sa che non può farlo pur ignorando il perché.

E cos’è allora per un infermiere eretico il teatro?

Oh, per lui il teatro è l’ospedale.

Voglio dire che l’infermiere eretico ha bisogno di un luogo di cura, di un posto ove è possibile imparare a cambiare o anche soltanto e più semplicemente, imparare a non diventare violento, a non diventare le mani di un Regime che impone la cura e che non la propone.

A teatro, l’infermiere eretico ha modo di osservare il sangue sulle proprie mani, ha modo e pazienza, quì, di pulirle, sciaquarle, profumarle: mani nuove, pronte per essere offerte.

L’infermiere eretico sa che per poter continuare ad essere tale, dev’essere attore come questi sa che, per essere attore, non può fuggire dall’ospedale.

Attore ed infermiere.

Teatro ed ospedale.

Un eresia.

Una splendida eresia!

 

 

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Pagina creata il 01/06/01