Fino all’ultima goccia

 

Sarà sempre più diffficile poter trovare acqua "pura", non inquinata, potabile, sul nostro pianeta, sebbene i due terzi della Terra siano ricoperti da distese di acqua e quella dolce rappresenti il 3%, solo l'1% del totale è facilmente raggiungibile da parte dell'uomo.

 

di Elisabetta Bagnoli

 

L'acqua non è distribuita uniformemente sul pianeta, le piogge cadono in modo diseguale sulle diverse zone climatiche, così che due miliardi di esseri umani soffrono di "stress idrico": definito dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente ( Unep), come la situazione in cui il consumo di acqua dolce supera di oltre il 10% la disponibilità.

Sono assetate molte zone dell'Africa sub-sahariana, dell'Asia, del Medio Oriente, ma il problema comincia a farsi sentire anche in alcune zone degli Stati Uniti, come la California, e in Italia, dove il 45% della popolazione soffre, episodicamente, di difficoltà nell'approvigionamento idropotabile, in particolare nel Sud.  
Il 20% della popolazione mondiale, i ricchi, consuma il 58% dell'acqua disponibile, esiste un tragico legame tra la mancanza di acqua pulita e povertà: 100 clienti di un hotel di lusso consumano in circa due mesi la stessa quantità di acqua necessaria per irrigare un ettaro di risaia per un anno, oppure soddisfare per due anni le esigenze idriche di 100 famiglie di un paese del terzo mondo, o dissetare per tre anni 100 nomadi con 450 capi di bestiame. 

 

Secondo l’OMS 1 miliardo e 680 milioni di persone non dispongono di acqua sicura con tutte le conseguenze immaginabili per la salute e le altre attività umane.

Ogni giorno muoiono 6.000 bambini per malattie legate alla mancanza di acqua pulita.

La situazione si fa sempre più critica, nel 2050 saremo, probabilmente, 9 miliardi e nei prossimi 20 anni la richiesta di acqua aumenterà del 40%, soprattutto in quelle zone già sottoposte a stress idrico, dove la popolazione cresce anche più in fretta, e le persone che non hanno accesso all’acqua potabile diventeranno almeno tre miliardi.

Tutto questo scatenerà conflitti, alcuni già in corso, per il controllo e la distribuzione delle risorse idriche.

 

LE CAUSE

Oltre ai motivi legati al clima che crea una carenza permanente, aridità, o irregolare, siccità, la riduzione della disponibilità di questa risorsa è dovuta all'aumento dei consumi per la pressione demografica, per l'agricoltura intensiva, per l'industrializzazione e urbanizzazione. La maggior parte dell'acqua dolce, circa il 70%, viene impiegato in agricoltura, l'industria ne assorbe circa il 20% e l'uso domestico e cittadino il 10%, anche se nei paesi sviluppati la percentuale è superiore.

acqua.jpg (10051 byte) L'agricoltura è la causa prima del deterioramento della qualità dell'acqua a causa del dissodamento del terreno, dell'uso di fertilizzanti, di pesticidi e dell'irrigazione. I residui di tali sostanze chimiche, che arrivano ai corsi d'acqua e nelle falde sotterranee, contengono azoto e fosforo che eutrofizzano gli ecosistemi acquatici, stimolando così la proliferazione di alghe per la cui decomposizione viene usato tutto l'ossigeno che serve agli altri organismi per vivere, fenomeno noto nel nostro Mar Adriatico. 

Secondo l'Unep, il 54% delle acque superficiali in Asia è eutrofizzato, il 53% in Europa, il 48% in Nord America, il 41% in America Latina, il 28% in Africa.

La situazione rispetto all'inquinamto da sostanze tossiche prodotte dalle industrie non è certo migliore. Il fiume Gange, in India, riceve direttamente le acque di fabbriche di DDT, concerie, industrie cartiere, complessi petrolchimici, fabbriche per la produzione di fertilizzanti e per la trasformazione della gomma. Il fiume che attraversa San Paolo del Brasile, uno dei più grossi agglomerati urbani del mondo, riceve scarichi da 1200 industrie situate nella regione e 900 tonnellate di liquami al giorno di cui poco più del 12% viene trattato.( Our Planet, Our Health, pubblicato dall'OMS nel 1992).

 

IN CERCA DISPERATA DI ACQUA

L'uomo ha alterato in maniera pesante il territorio, la distribuzione e la qualità dell'acqua di tuttto il pianeta, per cercare questo bene sempre più raro.

Le falde acquifere si stanno abbassando in tutti i continenti e in certe zone, come il Medio Oriente, si svuotano più in fretta di quanto si riempiano.

In varie parti del globo sono state costruite dighe ciclopiche per la produzione di energia elettrica, per irrigare e per portare acqua ai villaggi, ma tutto questo ha creato più problemi che benefici. Molti fiumi non arrivano al mare. Il Colorado non sbocca più nel golfo della California, il Fiume Giallo non raggiunge il mare per alcuni mesi all'anno a causa delle deviazioni fatte per progetti agricoli o industriali, come fa notare Lester Brown, presidente del WorldWatch Institute di Washington.

Un esempio che dimostra come il modo di pensare e quindi di agire dell'essere umano sia semplicistico e inadeguato rispetto alla complessità della natura; è il caso del Lago di Aral situato fra il Kazakistan e l'Uzbekistan. Negli anni '60 il governo russo decise di usare le acque del lago per irrigare le immense coltivazione di cotone, in 30 anni il lago si è ridotto del circa il 60%, i terreni sono diventati sterili per l'eccessiva deposizione di sali, dovuti all'evaporazione e alle scarse piogge, le foreste circostanti e le aree paludose sono scomparse. I villaggi sulle sponde vivevano di pesca, ma ora non vedono più neanche l'acqua del lago, e sono costretti a bere acqua di fiumi e falde inquinate.

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CONCLUSIONI

L'acqua non può essere considerato un bene inesauribile, visto che la velocità con cui viene consumata è di gran lunga superiore a quella con la quale si riforma. L’acqua è perciò solo apparentemente una risorsa rinnovabile, e dato che che è indispensabile alla vita sul pianeta deve essere gestita con oculatezza.

Dal '94 al '98 sono nate varie istituzioni, per tentare di affrontare il problema, formate dalla Banca Mondiale e da vari enti pubblici e privati, come la Commissione Mondiale per l'Acqua nel XXI secolo del '98 che propongono di affidare la gestione del problema idrico a poche grandi multinazionali che già dominano il mercato dell'acqua in bottiglia, da Coca Cola a Nestlè. Questa società, oltre ad essere la principale produttrice di latte in polvere, è proprietaria di molti marchi di prodotti alimentari, ed è  leader a livello mondiale nelle acque minerali (Claudia, Giara, Giulia, Levissima, Limpia, Lora Recoaro, Panna, Pejo, Perrier, Pracastello, San Bernardo, San Pellegrino, Sandalia, Tione, Ulmeta, Vera). Il mercato privato dell'acqua sta diventando un gigantesco affare, 200 milioni di persone ricevono acqua da aziende private ma nel 2015 potrebbero essere un miliardo e 600 milioni.

Il secondo Forum sull'acqua che si è tenuto all'Aja da il 17 al 22 marzo 2000 ha iniziato, purtroppo, a percorre questa via. In quella sede è stato deciso che l'acqua non è  un "diritto umano", concetto che avrebbe comportato obblighi precisi, ma un "bisogno umano" che può  essere monetizzato in quanto bene economico.

Eppure nella carta europea dell'acqua messa a punto dal Consiglio d'Europa a Strasburgo nel lontano 6 maggio 1968, si stabiliva che " l'acqua non ha frontiere, è una risorsa comune la cui tutela richiede la cooperazione internazionale..... La gestione delle risorse idriche dovrebbe essere inquadrata nel bilancio naturale piuttosto che entro frontiere amministrative  e politiche".

 

“Se si vuole garantire la durata a lungo termine delle risorse idriche, occorre eliminare la confusione fra valore e prezzo dell’acqua e promuovere un’etica dell’acqua”.

(Mohamed Larbi Bouguerra in Le Monde Diplomatique 11-97)

 

Elisabetta Bagnoli biologa, docente scuola media superiore

elibagnoli@libero.it

  per gentile concessione della Rivista "Obiettivo professione infermieristica"

 Foto: http://users.iol.it/d.capozzi/GVC%20nel%20Mondo/Africa/Africa%20Graphics/Angola/donne_acqua.jpg

            http://www.producted.com/eurolidi/pagine/italiano/marinaromea.htm

 

           

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pagina pubblicata il 01/04/02