ANATOMIA DI UN’ATTESA

di Lorenzo Marvelli

Le 10. 22 per essere precisi. Ed io sono un tipo preciso. Per questo non ho alcuna difficoltà ad asserire che 15 primi sono ormai trascorsi dopo le 10.

Le 22. Esattamente le 22 e 15.

Erano le 8 questa mattina. Le 8 in punto. Allo stato risulterebbero 10 ore secche. Se a queste sottraggo i 15 primi ottengo 9 e 45. 45 minuti.

Posso tranquillamente sostenere che avendo bevuto l’ultimo sorso d’acqua 9 ore e 45 minuti fa, sono pervaso da una insopportabile sensazione di sete.

Altri dati da aggiungere... per essere precisi.

3 evacuazioni urinarie per un totale di un litro di liquido. Circa.

Sudore, o meglio, perspiratio insensibilis che fa, più o meno...

Direi comunque che l’attuale bilancio idrico depone a favore di una fastidiosa sensazione di sete.

Non c’è dubbio!

S-E-T-E. Per essere precisi. La scansione evita ogni errore di comprensione. Anche quando chi parla e chi ascolta risultano nella medesima posizione. Come nel mio caso...

E pensare che il 50% dell’acqua disponibile al consumo, si perde nella fatiscenza degli acquedotti.

Incredibile!

Per non parlare dei sistemi di raccolta di acqua piovana o dei congegni di dissalazione dell’acqua marina...

Incredibile!

L’acqua è un diritto negato a buona parte dell’umanità. A questo proposito potrei sostenere, e non solo in chiave ipotetica, che l’umanità, come il sottoscritto, ha sete. Sudando e urinando lei dice: “Ho sete!”

Morire di sete non è come morire di fame...

Voglio dire che hai un certo tempo per abituarti alla fame e, di conseguenza, alla morte che viene. La sete invece è una sorta di ciclone: non hai il tempo di cagarti sotto per il suo terribile occhio rotante che sei già catapultato in quel vortice.

Incredibile!

La sete...

C’è un mio amico che... ssssssst!

La necessità del momento ordina il silenzio: lui e la causa di...

Ho giurato di non conoscerlo sino alle 8 di questa mattina. A causa sua questa privazione di acqua. A causa sua... sssssst!

Lui dava da bere urina ai suoi cani. Voleva bene ai cani, ne aveva di tutte le taglie con leggera predominanza delle razze da guardia. Io invece i cani... Per una questione di capacità d’esibizione d’affetto, un certo rigore nel rapporto con gli esseri viventi...

Sono preciso, preciso e rigoroso!

I suoi cani bevevano urina arricchita di sali minerali...

“E’ sterile e non diminuisce le risorse idriche disponibili al genere umano”, diceva. Il mio amico. Anche lui è preciso. Come me. E parsimonioso.

Insomma io non è che con i cani....

Però il problema dell’approvvigionamento dell’acqua...

 

Nove ore e 45 minuti d’astinenza: praticamente arsura!

Pensa che i 2/3 dell’organismo umano sono praticamente acqua. Non so se per i cani è la stessa cosa.

2/3... Incredibile!

Lui dice: “Hai un peso di circa 70 Kg., ebbene, hai 50 chili di piscio sotto quella pellaccia!”

Esagerato!

Prima di tutto sul mio peso corporeo. Poi anche per questa sua abitudine a generalizzare, massimizzare i concetti, gli ordini numerici...

E poi, voglio dire, se così fosse?

Non è l’acqua contenuta  nel corpo-contenitore che rende infimo il genere umano. Sostengo insomma, e non solo in chiave ipotetica,  che un conto è la materia, la chimica degli elementi, altro è l’immaterialità dell’animo. Ed è proprio in questo luogo metafisico che origina l’ “indole”  del genere umano. E’ qui che montano i sentimenti, è qui che si determina il carattere.

Lui con la sua abitudine alla procedura deduttiva, attribuisce alla concentrazione dei sali nell’acqua, una esagerata importanza nella determinazione del fattore di sviluppo psicofisico del genere animale. Per i cani non mi sentirei di argomentare fuori da un ambito ipotetico ma per il genere umano...

 

9 ore e 45 minuti: incredibile!

Anzi, credo ormai 10. 10 ore secche! E tra un’ora 11, tra 2 dod...

ssssst!

Questa mattina loro hanno pattuito un monte ore che non prevede il ragionamento per un tempo superiore ad un’altra ora. Il contratto parla chiaro ed io sono un tipo preciso: non chiederò un minuto di più!

Lui, il mio amico non quegli altri, lui dice:” Non contare le ore della tua vita. Conta i minuti, i secondi e vivili con intensità”. Non è così semplice. Non è così semplice. Oltre tutto ho sempre avvertito in questa sua specifica espressione, il sapore del luogo comune. E’ questa sua propensione alla deduzione a condurlo spesso in errore.

Errore...

Lungi da me la facoltà del giudizio! E poi lui, il mio amico, non lo sopporterebbe. No, non fraintendermi!

E’ che non patisco affatto questo stato se non per... la sete. S-E-T-E,  a scansione vocalconsonantica. Per essere precisi. Anche in situazioni semantiche. Le parole hanno sempre il loro peso. Ed un suono, un suono nelle singole lettere che le compongono: ascoltare la sete è cosa diversa che ascoltarla in S-E-T-E  

Sia per chi parla che per chi ascolta. C’è una certa democrazia nell’uso delle parole, il loro peso ha a che fare con concetti quali giustizia, diritto e dovere, libertà, rivoluzione...

 

10 ore secche di arsura, 10 ore: incredibile!

E veniamo alla notte appena trascorsa.

Volevano i nomi, loro. Certo. Ed io gliel’ho fatti. Nessun problema, tutti gliel’ho fatti tranne il suo: il mio amico. Lui non merita la mia fine. Vero è che il diverso approccio alle conversazioni sembrerebbe porci su piani ideologici diversi ma lui è un amico. Ed io ho in gran conto l’amicizia. Questa è una parola di un certo peso!

Loro invece.... non ho mai creduto nella loro buonafede. Lui, il mio amico dice: “Attento tu, non fidarti”. Aveva ragione: guarda come sono ridotto! E non si può dire certo per mia completa responsabilità...

Dieci ore di arsura. E non perché le abbia ampiamente meritate. Anzi. Se è vero che la pena è giusta e proporzionale al delitto commesso non vedo come sia possibile procedere ad una simile privazione di acqua. Piuttosto la mia maledettissima abitudine a lasciar correre.... “Non passarci sopra, devi fargliela pagare” dice lui, il mio amico.

E’ che la vendetta presuppone una certa dose di coraggio che unito al peso dell’ingiustizia appena subita, determinano l’atto. La mia tolleranza, a volte diluita nel mare della superficialità, ha sempre distratto i miei pensieri dall’offesa ricevuta.

E poi...

Tutto sommato minor fatica a lasciar correre. Sono sempre stato un tipo tranquillo ed in quanto a coraggio.... lascia perdere!

Risultato: la vendetta non è annoverata nelle mie possibilità “performantiche”.  

Questo si è subito capito ed hanno comprato i nomi con quattro sorsi d’acqua. Circa 300 millilitri. Questa mattina alle 8 in punto. Gliel’ho fatti i nomi, diamine se gliel’ho fatti! Non sono un eroe, non m’interessa. Ed ho avuto da bere. Alle 8 in punto. Quattro sorsi. 300 millilitri. Circa. Non potevo mica misurarli! E poi la necessità mi imponeva l’immediato soddisfacimento piuttosto che il rigore della precisione. L’essere poco persecutorio ha significato nell’istante il superamento della  sete. 10 ore fa. Anzi: 10 ore e 15 minuti ormai. Ora sono preciso, ora che il bisogno, seppur impellente, non pregiudica la vita. Su questo non ho dubbi!

Come non ho dubbi che quei disgraziati, quei poveracci che non ho taciuto, mi staranno maledicendo ed augurando la peggior morte. Poco male: di solito non mi curo così a fondo degli altri, sono impermeabile alle maldicenze, tollero addirittura il turpiloquio perché non m’offende. Tutto scorre sulla mia pelle come gocce d’acqua sul nylon, tutto mi scivola addosso.

So che pensi di attribuire questo mio stato a quanto sta per accadere.

Errore!

Io quest’arsura la soffro, soffro la privazione dell’acqua. Punto e basta. E non aspiro alla libertà, mi accontento di poco. Punto e basta!  

A questo proposito il mio amico dice: “Sei una merda d’uomo!” ed io non mi offendo perché credo che dopotutto abbia ragione. Nonostante io non sia d’accordo con i suoi procedimenti analitici. Sì, sono una merda... M-E-R-D-A, per significarne il peso, una merda che fa i nomi, che denuncia i compagni, che non ha paura di ciò che tra poco accadrà.  

Già... non più di un’ora e poi...  

Fonte dell'Immagine: http://www.casertamusica.com/arte/DiDonato/acque_rosso.jpg

Deduco comunque che se non mi hanno dato da bere sino a questo momento....

“Va all’inferno!”, dice lui a questo punto. Già, come se ne avessi paura. No, non ho paura dell’inferno e non aspiro al paradiso. In definitiva non ho paura di morire.

La paura, come la libertà, è una passione ed io non ne sono colpito. Grazie al cielo. Vivo una condizione di completa apatia. Ed anche per questo ringrazio il cielo.

Anche per il dolore delle torture subite...

Venivano di notte. Anche questa notte sono venuti. In quattro. Non una parola, i volti disegnati più che dalla crudeltà dei carcerieri, piuttosto da un certo spirito di servizio, un senso del dovere, una professionalità assai in voga di questi tempi. In quattro...

Tutti indaffarati con fili elettrici, piccoli generatori, bacinelle d’acqua. Non ho mai avuto paura. Anzi. Confesso di aver conosciuto a volte un piccolo piacere lungo la schiena. Sino al collo. E poi un certo stato di leggero torpore, una luce calda, una realtà chiara, più chiara del solito. Se questo è il dolore della tortura... io non parlo, non faccio nomi!

“Sei un sadico. Ed un masochista”. Il mio amico...

Io credo invece che sia una mera questione di soglia dolorifica.

Ho fatto i nomi per quattro sorsi d’acqua e non per il dolore. E con questo mi sento di dire con estrema convinzione che non sono affatto un vigliacco!

E’ che non sopporto la sete. E questo, credimi, è perché ho... una certa coscienza dell’acqua: uccidetemi pure ma non privatemene.

 

Ho sete ed è quasi l’ora. Nessuno si vede. Eppure i nomi li ho fatti. Sui primi due... una certa titubanza, qualche scrupolo, sensi di colpa ma poi ho preso fiato ed ho vomitato il resto in un solo getto sul tavolo dove mi sbattevano il naso. Sono andati via subito dopo, come strisciando velocemente. Quattro schifosi insetti. Piccoli esserini pelosi. Bam! Il rumore della porta. Poi un leggero scricchiolio. La porta si riapre lentamente ma loro non si vedono più. Hanno dimenticato le chiavi sulla toppa: i nomi sono più importanti di una mia eventuale fuga. Non sono niente per loro, un nessuno qualunque che fa i nomi sotto tortura. Una merda d’uomo. Anzi. Una merda e basta. Ci vuol altro per essere uomini.

Ed io godo di tutto questo, della mia inesistenza, del mio stato apaticamente fumoso, del mio essere così... “poco”, la breve luce di un fiammifero... puff! E poi nulla, il buio del mio corpo appena torturato eppure non sofferente, un piccolo fascio di nervi e muscoli in una creatura invisibile.

I quattro piccoli esserini pelosi sono strisciati via. Tra poco torneranno a chiuderla la porta vomitandosi addosso accuse reciproche. Credo che mi tortureranno ancora a causa della mia fuga mancata. Me ne chiederanno il perché, mi stringeranno il collo con le loro mani: “Perché, perché!”

Io risponderei. Lo farei in cambio di tre sorsi d’acqua. Ho sete. S-E-T-E. Ed a questo punto è inutile fornirti alcuna precisazione. Conosci il peso delle parole. Ormai.

Tra meno di un’ora entreranno da lì, mi prenderanno per i polsi e mi trascineranno via. Fate pure. Io ho una notevole resistenza fisica nonostante l’apparente invisibilità. Io...io...

Io sono in grado di... Io stringo tra le mani un... Le dita, queste dita come la mascella di un’animale... Io...

Non userei mai la mia forza. Diciamo che di solito faccio uso delle oscure capacità di reazione ed opposizione.

Sì, reazione!

http://www.nicolasamori.it/pagine_opere/OpereM/acqua.htm

Ed opposizione!

Che non hanno nulla a che vedere con la bestialità del corpo. Considero invece questo mio corpo alla stregua di una sorta di... “attrito”. Un attrito, una resistenza al naturale rotolare delle sfere dell’esistenza. Non per volontà, sia chiaro. Non avrei interesse alcuno ad offendere la natura dal momento che io sono giustapposto nel suo ecosistema. E’ che difendo la mia nicchia invisibile dalle altre forme viventi incollando queste mani alle pareti del bozzolo.

Questa è l’azione che impedisce a quei piccoli esserini pelosi di intaccare la gelatina fluorescente. Non sono capaci di... entrarmi ed in relazione a ciò, quella porta aperta e la luce che l’attraversa sono fenomeni che non suscitano il mio interesse. Loro torneranno per quella porta ma per me, lei, non è affatto una via di fuga. Quella porta è per loro una via d’accesso ed io mi accontento di presidiarla. Attendo componendogli di fronte la mia sola opposizione del corpo. Un presidio alla vita del bozzolo. Con queste mani sulla parete.

Che nessuno esca di qui!

Se avessi a disposizione del tempo chiederei al mio amico chiarimenti sulla composizione del bozzolo. E’ questa materia fluorescente che ha sempre destato la mia attenzione. Immagino doppie scale e pioli colorati e guanine e tiamine avvitate da un ragionamento superiore. E poi una certa trasparenza, un panno in filigrana chiuso in cima senza nessuna cerniera. Un utero comodo. Ingresso vietato a tutti! Nonostante i fili, l’elettricità, la porta aperta e la luce che l’attraversa.

Verranno da lì, pieni di zampe e di peli, tenteranno la violazione di questa struttura gelatinosa, per l’ennesima volta. Provocheranno qualche dolore e qualche piacere ma io non lascerò estorcermi il suo nome. Gli altri ve li ho dati. Non il suo. Lui non appartiene a questa storia. Tengo in gran conto l’amicizia.

 

A questo punto... l’acqua! A-C-Q-U-A.

Acqua come una sigaretta o un quotidiano da sfogliare sull’autobus o un sacchetto di arachidi tostati allo stadio. Acqua anche dissociata  nelle molecole. Un po’ d’ossigeno, un po’ d’idrogeno. Appena covalenti... e non necessariamente freddi di frigorifero. Acqua ionicamente divorziata, appena appena assorbibile per osmosi. Un po’ per me ed un po’ per te. Senza litigi. Senza farne una tragedia. Non sopporto le tragedie. Ho un atteggiamento, come dire, schizofrenico di fronte a qualsiasi evento rumoroso: quando piove un frigorifero dal terzo piano, quando un’auto rimbalza sul guardrail, quando una porta mi sbatte in faccia, io... Io, silenzio. Occhi chiusi. Provo a respirare profondamente. E non perché abbia una naturale propensione alla tachipnea ma perché risulterei catturato dal fascino dell’improvvisa apnea, da questo soffice mancato scambio di gas.

E’ una naturale inclinazione alla calma, al lasciar correre silenzioso, alla deviazione del muro, al facile approdo. E non sopporto il fracasso. E sono contento che quella porta non sia chiusa, anche se la luce che l’attraversa è un insulto ai miei occhi. Un rumore luminoso...

Quando loro attraverseranno quella soglia mi troveranno in questa comoda posizione; opporrò loro la solita reazione ed opposizione.

Reazione ed opposizione!

Mani tese sulla parete del bozzolo fluorescente, impedimento d’invasione di nicchia ai pelosi esserini multizampe. Senza rumore, senza violenza alcuna, nonostante la secchezza delle fauci, nonostante il livello 1 di disidratazione.

Devi sapere che esistono tre livelli di disidratazione e la loro pericolosità decresce in modo inversamente proporzionale alla scala numerica: 1 è più pericoloso di 2 e di 3 ed è quasi incompatibile con la vita, è condizione prodromica al collasso. Non che la cosa mi preoccupi più di tanto...

Mi colpisce invece un’ altra cosa. La mia incapacità d’immaginazione. Non riesco a vedere... o prevedere. Non vado al di là del... subito, adesso. Ho ad esempio un certa difficoltà ad ipotizzare le tecniche del collasso, appunto. Non riesco a vedere la parete dell’arteria nell’atto del precipitare sul piano sottostante per l’improvvisa mancanza di sangue. O meglio, ce l’ho davanti agli occhi nell’attimo prima del crollo, vedo la repentina privazione del liquido, il momento che preannuncia la catastrofe ma poi... puff! Niente! Buio completo. Impedimento alla prosecuzione. Arresto di ideazione.

Non che questo mi preoccupi. Ho imparato ad accontentarmi. Va bene così. Anzi. Mi guardo bene dal cadere nella chimica del ragionamento fantastico. E’ come se riuscissi nell’autocontrollo del secreto sinaptico. Governo la chimica celebrale e la oriento verso luoghi di pace, di tranquillità.

Tranquilla esistenza di bozzolo in nicchia, di vuoto occupante la bolla ecosistemica!

 

Ho perso le urine, è la terza volta da ieri sera.

E’ necessario che io quantifichi per il bilancio idrico totale. E’ necessario il controllo della diuresi anche se l’impossibilità alla raccolta rende tutto difficile. Ma non impossibile. Non impossibile. Non impossibile. Non impossibile...

Certo con il catetere vescicale...

A questo servono i cateteri: veicolano la miscela urica in sacchetti graduati che misurano urina con scale a base litro.

Non esiste controllo di quantità senza sacchetti! Almeno nel mio caso.

Fuori di qui ho sempre provveduto al calcolo con una certa approssimazione. E’ difficile quantificare l’acqua fecale o quelle escreta dalle ghiandole sudoripare. Difficile ma non impossibile!

E poi non ho rimproveri da farmi circa l’approssimazione. L’approssimazione del calcolo infatti contraddistingue la normalità dell’esistenza quotidiana. E’ in momenti come questi, quando mostruosi insetti a sei zampe minacciano il bozzolo, che hai bisogno di contare con estrema precisione.

(Si alza studia le urine perse, computa)

Direi intorno ai 350 millilitri: una contrazione della diuresi ma non anuria. Non anuria. Non anuria. Non anuria...

Il mio piano di razionamento da i suoi risultati. E’ necessario che l’ultima goccia d’acqua sia per il cervello. La fine non mi prenderà incosciente. L’ultima goccia per la lucidità, per guardare in faccia la morte.

Resta così poco...

“1.800 minuti, 108.000 secondi”, direbbe il mio amico. Lui conta le ore. E i minuti e gli istanti, i tempi prossimi all’accaduto.

Mi sembra già di vederli, i piccoli esseri pelosi. Vedo le zampe fregare sulle intercapedini. Li vedo farfugliare, rumoreggiare, ammassarsi sulla porta e gurdarmi con occhi di odio. Vedo in loro la vendetta. Un quadro macabro incorniciato dai cardini della porta aperta. Forse mi chiederanno ancora una volta, l’ultima volta,  il suo nome. Ed io allora risponderei...

No, a questo punto non risponderei affatto e loro forse, persa ogni speranza, mi offenderebbero, uno di loro in particolare mi prenderebbe per il collo e mi  scaraventerebbe a terra. Senza pietà. Come un animale. E gli altri addosso, qualche calcio e poi via, fuori, trascinato per le braccia.

Non vi aspettate la benché minima difesa. Voi generate il conflitto che in me non degenera in atto violento. Conflitto e violenza non sono assolutamente la stessa cosa: accetto il primo, lo gestisco, ci lavoro un po’ sopra. La violenza però... No, questa no, non mi riguarda!

Ripeto: all’aggressione è il mio corpo che risponde. Come sempre. Opposizione-reazione.Opposizione-reazione. Opposizione-reazione.

Non sono la stessa cosa il conflitto e la violenza.

I pelosi sei piedi come palle di esistenza e la mia azione, o meglio, la mia dis-azione non supererebbe il centimetro rispetto al piano dell’attrito: mani sul bozzolo, difesa della nicchia, coscienza della mia esistenza ecosistemica.

 

Pochi minuti, pochi minuti e poi via!

 

 (Alcuni conati di vomito)  

Fonte dell'Immagine: http://www.casertamusica.com/arte/DiDonato/acque_rosso.jpg

Il 90% del vomito è acqua pura. Pura per modo di dire giacché si tratta di una miscela con acido cloridrico. Il PH basso ne testimonia la sua presenza e forse è a causa di questa che il vomito non è da considerarsi tra gli escreati riciclabili.

Eppure l’accesso all’acqua è un esercizio negato ai più...

Nei paesi poveri due miliardi di individui non dispongono di acqua potabile e ci sono più di 18 milioni di casi di diarrea dovuta all’uso di acqua inquinata. Aggiungi a questi 400.000 persone che ogni anno ci lasciano la pelle per l’uso di acqua non adatta al consumo umano...

Sono sicuro che la tua idea sull’irriciclabilità del vomito umano ora non è più così certa.

Ma torniamo a noi. Valuto i miei episodi espulsivi intorno ai 200 millilitri che insieme ai 350 di liquido appena perso con le urine...

E’ interessante tuttavia il ragionamento sui piccoli frammenti di cibo presenti nel vomito.

L’ultimo pasto ieri sera: incredibile!

Pensa che la popolazione gravemente sottoalimentata nel mondo si aggira intorno ai 900 milioni di individui. Se consideri che siamo circa sei miliardi, ottieni il risultato di 1/6.

1/6 della popolazione mondiale è lontana da quelle 2600 chilocalorie di cui abbisogna procapite.

Dai, confessa... ora sei convinto che il riciclo del vomito sarebbe una buona idea!

La mia situazione invece.  

 

 

La mia situazione richiede un ragionamento diverso: la presenza di piccoli frammenti di cibo nonostante siano trascorse 48 ore dall’ultimo pasto mi porta a concludere che la riduzione dell’apporto idrico rallenta i consumi, più precisamente, il metabolismo basale.

Incredibile!

 

Li sento dietro la porta. Sono arrivati, gli esserini pelosi. So che vogliono che io li guardi. Questo li renderebbe certamente più coraggiosi, direi quasi... tronfi, guerrieri, eroi.

Io non guardo. Conosco chi si nutre della paura degli altri per farne energia, chi beve paura in luogo dell’acqua e poi ordina: “Attenti!”

Io non guardo. Non mi metto sull’attenti. Ho già anticipato il riposo. Mezzo sforzo. Risparmio. Riciclo. Silenzio. Io.... ho sete. O come ora ti piace sentirmi dire: S-E-T-E. Per essere più precisi. Loro non sono interessati a questo mio stato ed allora mi sembra inutile che io gli dica che ho di nuovo la vescica appena appena piena: la sento gravare sul pube, un filo d’elettricità lungo tutto il pene. Mi dispongo a questa nuova piccola perdita liquida, ultime gocce prima della... siccità organica. Asciutto, prosciugato per l’avarizia di questi pelosi esserini a sei zampe.

Vedo le loro ombre dietro la porta e comunque resto lontano da qualsiasi idea di violenza. Necessario solo... reazione-opposizione. Come sono abituato. Come sono abituato. L’attrito del bozzolo sul piano ove le loro palle esistenziali rotolano inutilmente.

Eccoli sono arrivati! Li vedo strisciare. Come al solito. Anticipo la prossima sensazione: un veloce camminarmi sulla pelle, l’azione di zampe in multipli di sei sulle braccia. Successiva anticipazione: i loro dentini che masticano i miei organi, fegato e pancreas addolciti da enzimi salivari e poi aggrediti da mandibole fameliche. Mangiano, i vermi, mangiano...

A questo punto vorrei vomitare e rigettarli ai miei piedi: piccole vittime che affogano nel liquido acido. Non ho più vomito disponibile. E poi non nutro vendetta. Mangiate pure, vermi. Mangiate...

Io non vomito vendetta. Prendo coscienza. Mi limito a questo.

Eccomi pronto in reazione-opposizione per il bozzolo in ecosistema. Giustamente giustapposto. Per essere precisi. Per essere... potenza della misurazione matematica. Unica via, unica via...

Eccomi pronto: mi concedo alla vostra fame!

 

Allora, volete sbrigarvi!

Venite dentro, non indugiate, non aspettate che io vi guardi, non ho paura...

L’appuntamento era a quest’ora. Non mi sbaglio, sono preciso, io.

E poi se c’è una cosa che... Io non sopporto la mancanza di puntualità: voi avete fissato l’ora, non io! Ho organizzato le mie evacuazioni liquorali con estremo spirito di calcolo matematico: non ho mai perso i sensi, ho impedito alla disidratazione di sopraggiungere all’improvviso, l’ho controllata, l’ho gestita con il risultato di uno stato di piena coscienza al momento pattuito.

Non avete nulla da rimproverarmi!

Io ve li ho fatti i nomi, uno alla volta, lasciandovi il tempo per annotarli. Sono stato perfetto nel mio ruolo.

Vi prego, venite dentro, fate che tutto si compia ora, non vi chiedo pietà ma... puntualità!

Se è solo ed unicamente una questione di sguardo... ecco, faccio uno sforzo, si fa per dire... ecco a voi i miei occhi,  prendete coraggio dalla mia paura, vi guardo e tremo dalla paura. Posso piangere se volete, posso disperarmi, provocarmi delle piccole lesioni sanguinanti. Insomma, entrate da quella cazzo di porta!

E’ una vita che aspetto, è una vita che organizzo matematicamente la mia esistenza per vedervi entrare da lì... e niente, come al solito. Niente!

Ma vi prego, non andate via. O meglio, aspettate il nuovo patto. Il nuovo. Come sempre. Non andate via così.

Questa volta voglio farvi contenti tutti. Mi sembra un ottima dimostrazione di volontà a collaborare...

Facciamo... Facciamo... Facciamo 76!

Non sono mai andato oltre le 48 ma oggi sono in vena d’esagerazioni: 76 ore!

Voi credete che io non sia in grado, voi credete che non esiste matematica in grado di contare così a lungo. Ebbene, io lotterò contro questo tempo: 76 ore!

Il vostro silenzio mi lascia intendere che c’è accordo. Bene.

Non resta che sincronizzare gli orologi: si parte dalla mezza e ci si vede tra 76 ore. Qui, al solito posto. Per portarmi via. Come sempre. In perfetto accordo.

 

(Trova una bottiglia d’acqua e la beve tutta d’un fiato)  

Fonte immgine: 
http://www.consumatori.it/acqua/mineraliacqua.htm

 

Bene. Un litro. Considero che un’atto minzionale in condizioni di partenza equivale a...

Sono un tipo preciso io. Sempre preciso. Il mio amico dice: “Sei sempre...”, sì lui così ed io... dunque vediamo di ripartire. Calma... un litro. Considero che...

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Pagina pubblicata il 01/11/01