Claudio Lolli - Anno 1985
La fine del cinema muto
Alla fine del cinema muto
si riempirono le
osterie
di vecchi attori poco fonogenici
e dalle tante malinconie,
che
guardavano il cielo lunatici
come dovesse cadere giù,
ripensando a quel
silenzio magico,
quel silenzio che non c'era più,
e ai rumori del mondo,
antipatici,
dispettosi alzavano il bicchiere,
e i più
romantici
svillaneggiavano mostrando il sedere...
Alla fine del cinema muto
sulle panchine dei
grandi viali,
quei vecchi attori bestemmiavano al troppo sole
che ha il
potere di bruciare le ali,
e si perdevano in discorsi accademici
sulla
storia e il suo occhio di lince,
per capire se è vero che chi perde ha
torto
e che ha sempre ragione chi vince,
poi a sera rivestiti da
maschere,
si accontentavano di illuminare
il buio delle sale
che non
riuscivano a dimenticare...
Anche noi alziamo spesso il gomito
rifugiati
dentro ad un'osteria
per una strana voglia di nasconderci
e rimeditare la
filosofia,
e dentro al cielo vediamo risplendere
un idolo d'oro al posto
del sole
un nuovo dio che non riusciamo a comprendere
nè a descrivere con
le parole,
un dio moderno che tutti adorano
e che regala vuoti di
memoria,
un dio impaziente e annoiato,
che sembra stanco della nostra
storia...
Anche noi abitiamo in un cinema
e siamo in
bilico ad ogni minuto
tra la gloria, il successo, un amore frenetico
e il
ricordo del cinema muto,
e dalle panchine vediamo passare
delle folle
accaldate di gioia
per il futuro mondo fantascientifico
e il suo
meccanismo che distrugge la noia,
e il corteo è annunciato da angeli
che
buttan fiato dentro a una tromba
- questo futuro - si dice
- ci farà
l'effetto di una bomba...-
Aspirine
Quello che volevo raccontarti non lo so,
o
forse, meglio, non me lo ricordo,
in un mare d'alcool si galleggia se si
può,
se no si gioca a fare il morto,
ma abbiamo affari in corso e
sopportarli non si può senza te,
è colpa delle mie
emicranie...
Noi guardiamo il mondo sempre da una
feritoia
e troppo spesso non ci piace,
non è bello né tondo e ci procura
solo noia,
e niente, niente santa pace
tra le penitenze, le astinenze e
tutto quel rock'n roll
e poi tutte le mie aspirine,
però ci ha dato strade, piazze, viali
e
tanti tanti tanti bar malfamati
in cui ci siamo presi, persi, in cui
ci
siamo spaventati, ci siamo amati,
per tempi lunghi, per città, per
storia,
vocazione, abbracci e per saluti,
per una cosa che non sarà
vita
ma neanche solo dieci minuti...
Qui fa notte presto e per chi ha vizi, come
me,
de tempo almeno ne rimane,
sfioriamoci la pelle e poi dormiamo insieme
per
almeno dieci settimane,
poi ci penseremo al mal di testa e alla
contabilità,
a razionarci le aspirine.
C'è terra di nessuno tra l'angoscia e
Gorbaciov,
sia detto con dolce ironia,
e lì vorrei portarti e riposarci
per un po'
col corpo e con la fantasia,
ho l'indirizzo in qualche tasca,
in testa
oppure non ce l'ho più
però ti giuro che ci
credo,
perché è lo stesso delle strade,
piazze,
viali e tanti tanti bar malfamati,
in cui ci siamo presi, persi,
in cui ci
siamo spaventati, ci siamo amati,
per tempi lunghi, per città
per storia,
vocazione, abbracci e per saluti,
per una cosa che non sarà
vita
ma neanche solo dieci minuti...
Adriatico
Non ci sono olandesi a Rimini
a parte
qualche turista,
non ci sono ingegneri idraulici
con progetti di
riconquista,
non ci son terre da recuperare
niente battaglie, tutto a
posto
sembra che debba averla vinta il mare...
Certo: il lasciarsi prendere
non va
sottovalutato,
smettere di difendere
le ipotesi del passato,
lasciarsi
andare in un mare tranquillo,
che si lecca la riva di cui è
innamorato.
Guardalo l'adriatico
come si muove
piano
questo mare un po' antipatico
e triste;
che non promette viaggi
che
non ci porterà mai lontano
che non ha più sorprese ma
soltanto
coste e isole già viste...
Rivedo l'adriatico
mentre mi annoio in
treno,
è uno specchio lontano, statico
e riflette il cielo poco
sereno
di questi giorni da dimenticare
vissuti senza storia e il
cuore
sotto il livello minimo del mare.
Certo: lasciare o prendere
il gioco non è
cambiato,
"forse è saggio sapersi arrendere"
qualcuno dice tenendo il
fiato,
"forse è saggio restare fermi ad osservare
un abbisso mediocre,
guardarsi galleggiare..."
Eccolo l'adriatico
che viene a prenderci
piano piano,
col suo ritmo matematico
e lento
ecco il vecchio padre
saggio
che non ci ama e che noi non amiamo
ecco il sonno non
lontano
ecco il bicchiere dentro a cui anneghiamo...
Non ho visto bambini a Rimini,
tranne quelli
delle colonie,
poveri soldatini minimi,
già dati in pasto alle
cerimonie,
ma resistono, loro, e sanno ancora progettare
argini
immaginari, sponde,
dighe e barriere da non abbandonare
ma poi, a sera,
imbronciati in faccia al mare
non hanno vecchi a cui
domandare
perché quest'adriatico
si muove così, così
piano
eppure è così fanatico
e forte,
perché fa scomparire
sempre
tutto quello che noi costruiamo
perché non ci abbandona mai
e
poi perché noi non lo dimentichiamo...
Tutte le lingue del mondo
Noi,
vagabondi per troppa passione e
per
niente saggi,
siamo scesi davvero per sbaglio
a questa fermata,
due
viaggiatori ed un solo bagaglio:
un silenzio di carta vetrata
in
cui
dovevamo trovare qualcosa da dire,
parlare d'amore, parlare di
noi,
assordati dal fiato del treno...
Ma è bastato guardarti le labbra
e ho capito
qualcosa di più
della tua confusione,
della mia confusione,
del nostro
respiro,
del nostro rumore profondo, perché
tutte le lingue del
mondo
non ci servono per capirci
e l'unica lingua che ho
non mi basta
per baciarti,
per baciarti dove vorrei,
dove sei bella come sei,
dove
non c'è mai stato bisogno di parlare.
Noi,
squilibrati tra scienza e parole
ma
comunque vivi,
con il sangue che batte le ore
a un'altra
velocità
e un ricordo-futuro al posto del cuore,
con le strade, le luci,
di un'altra città diversa
da quest'incrocio di venti in cui siamo
caduti
per caso, in anticipo o forse in ritardo,
con la faccia di un
grande attor comico,
con la faccia di Keaton il giorno
in cui fu invitato
a brindare
alla fine del cinema muto...
Quella fine che è stata l'errore di un
dio
poliglotta, volgare, iracondo
tutte le lingue del mondo
non ci
servono per capirci
e l'unica lingua che ho
non mi basta per
baciarti,
per baciarti dove vorrei,
dove sei bella come sei,
dove non
c'è mai stato bisogno di parole.
La pioggia prima o poi
Le impressioni solite della luce e del
colore
si mescolano a un brivido di aria mattutina,
le automobili
cominciano a muovere le ore:
ti spettino un orecchio e ti faccio più
carina...
I miei occhi si ricordano di una
televisione,
le mani non capiscono che costa sto aspettando.
Ma ho i piedi
addormentati che mi danno del guardone,
decido che dovrò svegliarli
passeggiando
e la città è già nuvola, oasi senza deserto,
e camminiamo
tutti dentro alla carta velina,
sotto a un cielo pirata, con un occhio
coperto,
la pioggia, prima o poi, ci arriverà vicina...
E sono giorni a grappoli, tenuti insieme con lo
spago,
talmente fitti da non entrare tutti quanti dentro al cuore,
e
vengono da notti in cui, in virtù di qualche mago,
riesce il vecchio gioco di
prestigio dell'amore...
Ti penso e ti ribacio in sogno io,
l'incatenato,
arrampicato dentro a un grande grattacielo
che gratta
arruffato, arrabbiato, disperato,
un paradiso sporco come un sacco a
pelo...
Ti penso e ti ribacio ancora io,
l'incatenato,
avrei dovuto certo immaginarlo prima
che con tutti i miei
sforzi non mi sarei liberato
della tua maledetta faccia da bambina,
di
quello che gli astrologi chiamano destino
e le streghe ci procurano con
filtri di magia
e la scienza moderna, con rigore bambino,
vuol calcolare
in base a dei quozienti di energia...
...Poi passa molto lenta questa strana
mattinata
tra chiacchiere, ascensori e saliscendi del cuore,
un vino un
po' in anticipo mi corregge l'aranciata ... e ripenso
alla tua faccia da
bambina già invecchiata di tre ore...
Tempo perso
Il tempo ci sembra una cosa lontana
come la
provincia americana
nei film in tv visti a notte tarda,
una violenza
gentile che non ci riguarda,
e invece è vicino e ci vive addosso,
ci ruba
la vita a ogni semaforo rosso,
ad ogni attimo di esitazione
in cui
perdiamo la sua direzione,
in cui lasciamo che sia lui a inventare
le
storie che poi dovremo interpretare
a tempo di rumba, di cha cha cha,
a
tempo di tempo che se ne va
e così sia benedetto
il tempo perso che ho
perduto a inseguire te
mia misteriosa vita capricciosa,
ormai persa a
metà...
Il tempo è uno strano compagno di gioco,
si
diverte a vincere mettendoci a fuoco
in un'istantanea che non è mai
perfetta,
è un cattivo fotografo che ha troppa fretta,
il tempo ci
scrittura come un impresario
noi lavoriamo gratis nel suo calendario
e con
un contratto ci farà pagare
le poche cose che riusciamo a rubare,
i baci
rubati dietro le colonne
o nel tempo perso di una notte insonne,
di un
abbandono, di una fantasia,
di un'emozione vissuta senza anestesia.
e così
sia benedetto
il tempo perso che sopravvive disperso ma
in orgogliosa,
santa povertà
con la sua sposa
libertà...
Il tempo futuro ci dà senza fiato
dieci a
uno: "cavallo addormentato";
il tempo passato non ci dà più niente
solo
qualche ricordo che spaventa la gente,
il tempo presente non si
conosce,
perde tempo a difendersi dalle angosce,
si rifà vivo, molto
invecchiato,
solo quando sarà tempo passato.
E' così è il tempo
perso
l'universo che ci capisce di più perché
lui non ha fretta, benedetta
sia,
la sua ingenuità!
Via col vento
Stavo sognando Reagan stamattina,
faceva
suonare la mia sveglia assassina,
poi il caffè,
poi tempo che
vola,
finisce la città
prima di questa scuola.
Stavo sognando Ronnie
stamattina
con Maggie in "Via col vento" ad Hiroshima,
come in una famosa
cartolina
anarchica.
Di cosa parleremo stamattina,
di Marx oppure
dell'ottava rima,
o studieremo
nella nebbia sui vetri
le
probabilità
di futuro per gli innocenti,
innocenti come siete
voi,
santi volgari ed ignoranti eroi
di un mondo che non vuole e
comprerà
la vostra libertà.
Via col vento, via col vento,
se ne va il
pensiero in questo piccolo tormento,
via col vento, professore,
abbiamo
fretta e voglia solo di fare l'amore,
dai col tempo, dai ch'è tardi
per
stare qui a pensare a quella Silvia,
la ragazza di
Leopardi...
... e in un'aria che assomiglia già a
Hiroshima
eccoci addormentati una mattina
a un punto morto
tra la
giovinezza
che ha tanta voglia di sé
e la vita che la disprezza
e la
scrittura nel suo film di serie B,
finisce il sabato, ricomincia
lunedì,
nell'intervallo la domenica
sportiva,
definitiva.
Via col vento, via col vento,
che non ha più
risposte, solo un presentimento,
via col vento, professore,
per cominciare
a vivere abbiamo poche ore,
via col vento, via col vento,
chissà perché mi
viene in mente oggi
la mia prima millecento...
... e per finire il sogno di questa
mattina
c'era un vecchio in piedi sopra una panchina,
un po'
ubriaco
che predicava di niente
e ripeteva la stessa frase
ad un
pubblico inesistente:
"cari ragazzi dell'ottanta noi
santi volgari ed
ignoranti eroi,
rompere i vetri in caso di soffocamento
... e via col
vento..."