Disoccupate le strade dai sogni - Anno 1977
Da zero e dintorni
Ti viene mai compagna
la voglia di
rinascere
su un camioncino diretto
treno espresso o
accelerato.
Verso la sua punta
o verso le Eolie o
Lipari
con un sole scenograficamente corretto
e anche
pulito.
Lasciandoti alle spalle
l'odore acido dei
giorni
in cui devi filtrare
il tuo senso come il té
e il carico gravoso
delle nuvole
in gobba a fardelli in cui nascondi con stanchezza
tuo padre
e tuo figlio,
l'amore che non hai.
Ti viene mai, ti viene mai
...
Ti viene mai compagna
la voglia di
rinascere
con una gamba sola
magari anche, anche senza sigarette,
ma
anche senza la fretta assurda
della nuova metropolitana
e senza il bisogno
di sentirti naufragare
in un'isola lontana.
Tutte le volte che
ti guardi far
l'amore
con in un occhio la rabbia
e in quell'altro la voglia ed il
dolore,
con quel cane randagio
che ho bastonato stamattina sulla
strada,
con quel cane randagio di tuo marito
che ti chiede come
vai.
Ti viene mai, ti viene
mai...
Ti viene mai compagna
la voglia di
tornare
sulla strada battuta
dai sassi, dai venti,
dagli sputi del
potere.
Quella strada che in sogno avevi
creduto di vedere
o di avere
almeno immaginato.
Quella volta che sei arrivata
fin sulla
porta
con la tua sciarpa rossa in mano
e i cioccolatini tra i
denti,
talmente sbriciolati da sembrare persino
trasmigratori contenti di
ansie,
quelle pozzanghere
su cui non riesci mai a
volare.
Ti viene mai la voglia di tornare.
Alba Meccanica
L'alba s'inventa una ruota a Torino
L'alba
s'inventa una ruota a Milano
L'alba s'inventa una ruota a Bologna
L'alba
s'inventa una ruota a Berlino
L'alba s'inventa una ruota a Napoli
L'alba
s'inventa una ruota a Roma
Meccanicamente all'arrivo del sole,
cominciano
tutte a girare da sole,
cominciano tutte a girare ...
L'alba s'inventa un ingranaggio
Il sole lo
unge con il suo grasso
L'alba s'inventa una ruota che gira
Respira
compagno l'aria che tira
Respira compagno una goccia di grasso
Che esce da
questo ingranaggio
Ma non respirarla con cortesia
E' la
socialdemocrazia
E non respirarla troppo forte
E' la meccanica della tua
morte,
la meccanica della tua morte,
della ...
Incubo Numero Zero
Il giorno di solito comincia sporco
come
l'inchiostro del nostro giornale
scritto sui bianchi muri delle prigioni
della repubblica
federale.
Che giorno per giorno avanzando
tranquille
son quasi davanti alla tua finestra
con un corteo di stesse e
scintille e i tamburini la banda
l'orchestra.
Spegnete la luce pensava
Ulriche
che la foresta più nera è vicina,
ma oggi la luna ha una faccia da
strega
e il sole ha lasciato i suoi raggi in cantina.
Spegnete la luce
pensava Ulriche
che la foresta più nera è vicina,
ma un jumbojet scrive
"viva il lavoro"
col sangue, nel cielo di questa
mattina.
Con un megafono su un autobus rosso
un
Cristo uscito dal Circo Togni
comincia un comizio con queste
parole
"disoccupate le strade, dai sogni,
disoccupate le strade dai
sogni
sono ingombranti, inutili, vivi
i topi e i rifiuti siano tratti in
arresto
decentreremo il formaggio e gli archivi.
Disoccupate le strade dai
sogni,
per contenerli in un modo migliore,
possiamo fornirvi fotocopie
d'assegno,
un portamonete, un falso diploma, una
ventiquattrore.
Disoccupate le strade dai sogni,
ed arruolatevi nella
polizia,
ci sarà bisogno di partecipare
ed è questo il modo
al nostro
progetto di democrazia.
Disoccupate le strade dai sogni
e continuate a
pagare l'affitto
ed ogni carogna che abbia altri bisogni
dalla mia immensa
bontà sia trafitto.
Da oggi è vietata la masturbazione
lambro e lambrusco
vestiti di nero
apriranno le liste di disoccupazione
chiudendo poi quelle
del cimitero,
e poi, e poi,
poi costruiremo dei grandi ospedali,
i
carabinieri saranno più buoni,
l'assistenza forzata e gratuita per tutta la
vita
e un vitto migliore nelle nostre prigioni.
Disoccupate le strade dai
sogni
e regalateci le vostre parole,
che non vi si scopra nascosti a fare
l'amore
i criminali siano illuminati dal sole.
Disoccupate le strade dai
sogni,
disoccupate, disoccupate.
Disoccupate le strade dai
sogni,
disoccupate, disoccupate.
Disoccupate le strade dai
sogni,
disoccupate, disoccupate.
Disoccupate le strade dai
sogni,
disoccupate, disoccupate ... "
A questo punto arriva un trombone
cammina
col culo però sembra alto
intona commosso una strana canzone
il Cristo la
canta e mi è addosso, in un salto.
"Disoccupate le strade dai sogni
non ci
sarà posto per la fantasia
nel paradiso pulito operoso
della nostra nuova
socialdemocrazia."
A questo punto mi butto dal cielo mi butto dal
letto
e do un bacio in bocca a un orribile orco
e lecco l'inchiostro,
lecco l'inchiostro, del nostro giornale.
E' vero che il giorno sapeva di sporco
E'
vero che il giorno sapeva di sporco
E' vero che il giorno sapeva di
sporco
E' vero che il giorno sapeva di sporco
La Socialdemocrazia
Il nemico, marcia, sempre, alla tua
testa.
Ma la testa del nemico dove
è,
che marcia alla tua testa.
Ma la testa del nemico dove è,
che marcia
alla tua testa.
Ma che nebbia, ma che confusione,
che aria di
tempesta,
la socialdemocrazia è
un mostro senza testa.
Il nemico, marcia, sempre, alla tua
testa.
Ma una testa oggi che cos'è?
E che cos'è un
nemico?
E una marcia oggi che cos'è?
E che cos'è una guerra?
Si marcia
già in questa santa pace
con la divisa della festa.
Senza nemici né
scarponi e
soprattutto senza testa!
La socialdemocrazia non va
a caccia di
farfalle.
Il nemico marcia in testa a te
ma anche alle tue spalle.
Il
nemico marcia con i piedi
nelle tue stesse scarpe.
Quindi anche se le
tracce non le vedi
è sempre dalla tua parte.
La socialdemocrazia è
un mostro senza
testa.
La socialdemocrazia è
un gallo senza cresta.
Ma che nebbia, ma
che confusione
che vento di tempesta.
La socialdemocrazia è
quel nano
che ti arresta.
Analfabetizzazione
Più del vento sarà,
la mia bandiera
forte.
Più del vento sarà,
più del vento.
La mia madre l'ho chiamata
sasso,
perché fosse duratura sì,
ma non viva.
I miei amici li ho
chiamati piedi,
perché ero felice solo
quando si partiva.
Ed il mio
mare l'ho chiamato cielo,
perché le mie onde arrivavano
troppo
lontano.
Ed il mio cielo l'ho chiamato cuore,
perché mi piaceva toccarci
dentro il sole
con la mano.
Non ho mai avuto un alfabeto tranquillo,
servile,
le pagine le giravo sempre con il fuoco.
Nessun maestro è stato
mai talmente bravo,
da respirarsi il mio ossigeno ed il mio gioco.
Ed il
lavoro l'ho chiamato piacere,
perché la semantica è violenza
oppure è
un'opinione.
Ma non è colpa mia, non saltatemi addosso,
se la mia voglia
di libertà oggi è anche bisogno
di confusione.
Ed il piacere l'ho chiamato
dovere,
perché la primavera mi scoppiava dentro
come una
carezza.
Fondere, confondere, rifondere
infine rifondare
L'alfabeto
della vita
sulle pietre di miele
della bellezza.
Ed il potere
nella
sua immensa intelligenza
nella sua complessità.
Non mi ha mai
commosso
con la sua solitudine
non l'ho mai salutato come tale.
Però ho
raccolto la sfida,
con molta eleganza e molta sicurezza,
da quando ho
chiamato prigione la sua felicità.
Ed il potere da quel giorno
m'insegue,
con le sue scarpe chiodate di paura.
M'insegue sulle sue
montagne,
quelle montagne che io chiamo pianure.
Attenzione
Attenzione io so che questa casa aperta a tutti
è sempre piena di compagni,
i fiori che dipinge la tua mano sono belli e
tanto colorati.
Però ci si affeziona anche alla propria fantasia alla propria
confusione al proprio essere persi in mezzo al mare,
e le vele e le reti e le
prigioni sono calde e danno sicurezza proprio come dei santi
incorniciati.
Attenzione che non ci si risvegli una mattina con qualche cosa
da salvare.
Attenzione non è vero che son morte le sirene
che le navi vanno avanti,
Attenzione trasformatevi in dei ragni se solamente
avete voglia di scappare,
Attenzione che non ci ritroviamo con la testa di un
serpente incapace di strisciare,
tra i fori ancora aperti di
un'idea.
Attenzione a non lasciarsi per la strada i gesti le parole
necessarie per parlare
Attenzione a non svegliarsi una mattina senza la
voglia di cambiare.
Attenzione lo so che il mantello di quel
vecchio partigiano è sempre in prima fila lì sull'attaccapanni,
e poi che la
pazienza è una virtù e che il sole nascerà con l'acqua e con la neve di chissà
tra quanti anni,
Attenzione lo so che il fucile è lì nascosto in quel libro
di racconti,
però che non diventino ricordi o fantasie, che non sia caricato
solamente a sogni.
Attenzione che non ci troviamo una mattina per le
strade,
a raccontarci le nostre storie di bambini nati morti
e magari,
magari anche con soddisfazione.
Attenzione che non ci ritroviamo tra le mani
la paura calda immensa e vera dentro il corpo nella testa,
tra le mani la
paura calda immensa e vera della rivoluzione.
Canzone dell'amore o della precarietà
Precarietà ci punta un dito sulla
schiena,
il suo ricordo ci addolora,
la sua presenza ci spaventa
e se
le mani si toccano senza comprensione,
il gioco vince dieci volte,
perde
forze, l'immaginazione salta
di palo in frasca tra noi due.
Domani sarà un giorno senza numeri
i tuoi
vestiti scalderanno un altro.
E l'unica felicità che oggi la
scienza,
della vitalità può concepire registrare,
sopra un treno, su un
giornale, registrare ...
La quiete la tempesta il temporale,
il girotondo
del respiro strano,
in questa vita distratta ed interrotta,
però bacerebbe
ogni angolo deserto,
della tua bocca e della tua mano,
della tua bocca
...
Canzone scritta su un muro
Salve ragazzo che passi il giorno,
alla
finestra della tua stanza.
Finché tristezza insieme alla sera,
accende
finestre in lontananza.
Guardi le spalle di chi lavora,
davanti a
te.
Corpo di uomo, scarica casse,
chissà perché.
Quando vorrai buttarti
di sotto,
e fare i conti con la tua impazienza
e accenderai la
sigaretta
di cui il condannato non può fare senza.
Questa canzone scritta
su un muro
ti arriverà ne sono sicuro,
con le sue povere scarne
parole,
libere come ragazze sole,
questa canzone scritta di
niente,
sceglierà te tra tutta la gente,
per l'ultimo brindisi l'ultimo
addio,
l'ultima cara bestemmia "per dio!".
E salve uomo che ogni mattina,
rinunci a un
grammo del tuo destino,
salti su un tram intirizzito,
addormentato dentro
a un vestito.
Fra i marciapiedi lisci e deserti
di una città,
chissà se
il sole questa mattina,
ti troverà.
Il giorno che vorrai dire basta,
il
giorno che scuoterai la testa,
e vorrai prender quel che ti spetta,
dalla
tua vita e da chi la calpesta.
Questa canzone scritta sul muro,
ti
arriverà vorrei esser sicuro,
con le sue povere scarne parole,
libere come
ragazze sole.
Questa canzone scritta di rosso,
sarà con te a saltare quel
fosso,
sarà con te insieme a te canterà,
il primo giorno di
libertà.
E salve gente senza un colore,
senza un
problema senza un dolore,
gente coperta da scorie gravi,
per ogni occhio
ha almeno due travi,
gente sepolta dal carnevale di una città,
sotto il
peso di una tremenda felicità.
Gente che ride quando si parla,
gente che
ride quando si canta,
gente convinta che vivere sia,
accontentarsi e
godersi quel tanto.
Questa canzone scritta sul muro
vi colpirà ne sono
sicuro,
con le sue povere scarne parole
ma libere come ragazze
sole,
questa canzone scritta di rabbia,
ognuno di voi per sua voglio che
l'abbia,
per me sarà stringervi tra le mie braccia
e uno ad uno sputarvi
in faccia.
Salve ragazzo con la chitarra,
che sporchi i
muri di una città
e godi ormai sopra una panca
il tuo primo sonno in
tranquillità.
A grandi passi scopre il misfatto
il nuovo mattino.
Con
la tua morte scopre i tuoi segni
un po' da bambino.
A passi lenti verrà
col secchio,
della vernice un imbianchino.
Sbuffando oggi doppio
lavoro,
tutto per colpa di questo cretino.
E la tua canzone scritta sul
muro,
cancellerà ne sono sicuro
e basterà appena una mano,
perché il
suo suono si spenga piano.
La tua canzone, il tuo testamento,
come una
foglia goduta dal vento,
e dei tuoi amori, di quel che sei stato,
resterà
solo quel muro imbiancato.
Autobiografia industriale
Il primo giorno,
che ho messo un piede alla
EMI,
mi hanno guardato,
sembravano tutti un po' scemi.
Qualcuno
diceva,
che ero il garzone del bar,
che aveva lasciato il caffé sulle
scale,
qualcuno diceva,
che non ero normale,
qualcuno rideva, rideva
...
Il direttore,
una strana espressione sul viso,
fece una
smorfia
che oggi voglio chiamare sorriso,
e mi introdusse
nel suo
studio di uomo arrivato,
mi parlò di arcipelago o gulag,
e mi disse: "Io
penso,
che oggi sia molto giusto assentire al dissenso,
al
dissenso...".
Autobiografia industriale,
viva l'amore con l'industria
culturale,
amore erotico e soddisfacente,
ma in definitiva,
un po'
troppo esauriente.
L'arrangiatore,
dopo avermi ascoltato un
pochino,
disse "non male,
è simpatico quel valzerino,
io ci
vedrei,
sopra un primo e un secondo violino
e una viola che piange da
sola,
perché no, una pianola,
qualche cosa che prenda
e che stringa
alla gola, alla gola".
Il tecnico audio,
mi squadrò con un ghigno
feroce,
ma il peggio è stato
quando ho fatto sentire la voce,
così
piena di ragni di granchi di rane,
e altre cose un po' strane,
una voce da
regno dei più,
o da festival del sottosuolo,
una voce oltretutto
che mi
accompagnavo da solo.
Autobiografia industriale,
viva le tette
dell'industria culturale,
tette opulente e dissetanti,
ma in definitiva un
po' troppo pesanti.
Io a quel tempo,
stavo ancora aspettando
Godot,
cioé aspettavo la morte
per poter dire "rinascerò",
fatto
diverso,
collegato d'amore alle masse,
più cultura, più lotta di
classe,
ma Godot non è mai arrivato,
si fa le cose sue,
ed è meglio
così, certo
per tutti e due.
Come prodotto,
non sono riuscito un
granché,
vendono certo,
molto più Jagermeister di me,
ma lo
confesso,
questo in fondo è un piacere da poco,
e non prova che sono
diverso,
seriamente diverso,
come amaro il tuo calice vita,
com'è amaro
il tuo gioco.
Autobiografia industriale,
cioè come il latte dell'industria
culturale,
un latte amaro, molto indigesto,
ma soprattutto un po' troppo
caro.
La confezione,
con il marchio di
verginità,
l'hanno affidata
a un fotografo di qualità,
che in
verità,
al vedermi rimase perplesso,
con quella faccia da fesso
potrei
fotografarlo,
solamente in un cesso, magari
con un po' di velluto
rosso.
Il primo giorno
che ho messo un piede alla EMI,
mi hanno
guardato,
sembravano tutti un po' scemi,
ma oggi ho capito
che di tutti
il più scemo ero io,
l'unico che si prendeva sul serio
e restava anche
male,
un incrocio terribile insomma,
tra un coglione ed un
criminale.
Autobiografia industriale,
come inserirsi nell'industria
culturale,
cioé come possono gli intellettuali,
dare una mano,
per
mantenere gli stessi rapporti sociali.
I giornali di marzo
I giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno spiegato,
i giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno raccontato,
quello di ritrovare un accordo, un
colloquio,
è sfuggito per miracolo al
linciaggio.
Il più preoccupante per i
medici è un carabiniere,
e mentre fanno
un esame esterno del cadavere.
Senza
sapere dove andare,
senza sapere che
direzione prendere,
inginocchiarsi
prendere la mira e sparare,
solo
pasticceria memore della recente ferita è serrata,
nel primissimo pomeriggio
con il cielo ancora parzialmente sereno.
I giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno parlato,
i giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno chiarito.
Un bottegaio a guardia della sua bottega
guardati con rabbia da un capannello di
persone,
ha l'orlo del pantalone
perforato, grida,
m'ha salvato lo
scarpone.
Alle 13.15 sono partiti alcuni
colpi.
In un succedersi
incalzante
di fughe assalti e
contrassalti,
solo le poche centinaia di
persone che non erano scappate,
da
alcuni uffici sono stati portati all'aperto tavoli,
i nostri aspiranti (???) devono convincersi.
I giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno capito,
i giornali di marzo,
i giornali di marzo hanno mentito.
Gli uomini sono scesi a terra già in assetto da
campagna,
prudenza delle forze dello
Stato,
hanno replicato con lanci a
ripetizione di candelotti lacrimogeni,
è
stato centrato alla schiena cadendo immediatamente.
Coi bottoni dorati e gli ottoni lucenti fischiando la
marsigliese,
mentre il vento fa il
solletico ai sogni
rimasti impigliati
nel cancello dei denti.