Pubblichiamo l'intervista che circa un anno fa Claudio Lolli ci diede in occasione del suo primo Concerto a Pavia in favore del Guatemala il 15/5/99. Cantò circa due ore ed in cambio non volle assolutamente nulla. A lui, a Paolo Capodacqua chitarrista di frontiera, al manager Flavio Carretta il nostro più vivo ringraziamento.
Grazie, grazie a voi per
l’accoglienza
L’accoglienza è stata dettata da un incontro avuto con i nostri colleghi che sono andati in Guatemala e questa serata è nata grazie al loro viaggio e come detto da loro stessi il viaggio è stato fatto insieme a te, quindi sono due viaggi che si intersecano. Secondo te, perché?
Dunque, io non so se posso
permettermi, però credo che viaggiare con la testa, viaggiare con le parole, con
l’immaginazione sia il modo di vivere della gente. Viaggiare vuol dire darsi
sempre un margine di libertà, di possibilità, è un modo per costruire una vita,
una personalità, un’idea, è un modo di vivere. E’ però un viaggio molto
metaforico il Guatemala e le mie canzoni sono, in qualche modo, viaggi
abbastanza simili, abbastanza paralleli.
Parliamo della tua musica, delle tue canzoni, della tua poesia. Vieni considerato un malinconico: come ti riconosci in questo, o meglio, ti riconosci?
No, assolutamente, io credo
che ci sia un grosso equivoco tra ciò che si scrive e ciò che si è. Se si parla
di ciò che si è facciamo un certo tipo di discorso, se si parla di ciò che si
scrive è un altro tipo di discorso. La scrittura, la parola ha sempre una
funzione critica, e la critica ha sempre un dato negativo, distruttivo e
giustamente, è la cosa migliore che ci possa essere. Chi scrive cerca di
descrivere il mondo che vede e di scriverlo in senso produttivo e possibilmente
critico.
Poi che sia malinconico o meno
non importa a nessuno, le due cose non coincidono
necessariamente.
Pensi che sia un’etichetta ingiusta quella che ti è
stata data?
Ne ingiusta ne giusta, essendo un’etichetta è limitata, non coglie assolutamente, senza falsa modestia, la portata del mio lavoro, credo di poterlo dire.
Una domanda un po’ più personale: provieni da una
famiglia borghese?
Si
C’è attinenza con la canzone Borghesia?
Ma certamente, si raccontano
in primis le cose che si vivono. Famiglia borghese di bravissime persone,
gentilissime. E' l’orizzonte culturale, è la mentalità, si tratta di lasciarla,
di abbandonarla, pur amando moltissimo i miei genitori, ormai ridotti ad
uno.
Ancora sulle canzoni, poi magari cambiamo tema.
Michel
l’hai più sentito? Ma non rispondermi che sta aspettando Godot….
Michel è tantissimo che non lo
vedo, purtroppo. Era un bellissimo ragazzino francese, mio compagno di scuola
alle medie di cui ero follemente innamorato, era davvero bello, biondo con gli
occhi azzurri, un principe. Una persona assolutamente affascinante, mi sembrava
davvero l’immagine del “bel giovinetto”, ne ero follemente innamorato. Veramente
una storia molto brutta.
Quando morì sua madre?
Sì, purtroppo è vero. Tornò
in Francia e andò a fare l’elettrauto. Una
“finaccia”
La poesia, la canzone
permette di sospendersi, quasi in modo definitivo. E’ contraddittorio con tutto
il resto, però è
meraviglioso.
Sì, fa l’elettrauto in
Francia, credo che sia abbruttito dall’alcool, credo che abbia la moglie grassa
e cinque figli bacati….
Ma quando vi siete presi a pugni le hai più prese o le
hai più date?
Prese, prese, prese…..è una
questione di principio per me
Cos’è la malinconia?
Questa è una domanda un po’
difficile. La malinconia è quello che dice Leopardi, lui la chiama noia. E’ il
rendersi conto delle insufficienze del mondo e quindi soffrirne un
po’.
Quali sono gli spazi oggi, le vie di fuga per evadere da
questa noia?
La musica e l’amore. Le due
cose si combinano e diventano politica.
In un mondo in cui vediamo aumentare i luoghi dell’anonimato, pensi che la piazza possa riscoprire se stessa e svolgere un ruolo primario?
No, detta così no, non
credo. Anche gli studenti in piazza ci vanno molto raramente, quindi non provano
nessuna emozione, nessun senso di identità.
Filosofo, poeta e cantautore che ti piacciono di più.
Ragazzi, madonna ma che
domande difficili….
Allora Lucrezio se lo
consideri un filosofo, poeta Leopardi sicuramente, il cantautore che amo di più
è forse De Andrè anche se, poveraccio, è noioso….
Attrice? Sono
vecchio….
Cosa resta oggi della “Giacca” di
Claudio Lolli?
Resta questo. C’è un buco.
Vedi? Una manica un po’ scucita
Ripropone la frammentazione, la crisi dei
valori?
Ripropone il fatto che, per
fortuna mia, non sono cambiato troppo. La mia giacca è sempre così, è sempre
rotta. “Non sarà mai la giacca di tuo padre”, non il tuo, io parlavo del padre
della mia fidanzata….
Vivere comporta un minimo di
rischio, lo corri, ti diverti e riesci a combinare anche qualcosa di non
eccessivamente finto.
Se non lo corri puoi
mantenere i fili forse meglio. Però non esisti.
La giacca è questa, guarda.
Quella che cantavo io aveva un buco qua (indica la schiena, ndr), questa
ce l’ha qua (indica il polso, ndr).
Io poi sono ossessivo con le
giacche, finche qualcuno non riesce a togliermele, finche non sono del tutto
rotte….mi piace consumare tutto fino alla fine. E’ una piccola malattia. Però
prima che mi privo di questa giacca devono passare ancora almeno 5
anni.
Guccini direbbe “ e quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare…” è l’equivalente grosso modo?
“Ma se io avessi previsto
tutto questo, dati causa e pretesto e le attuali conclusioni, credete che per
questi 4 soldi, questa gloria da stronzi avrei scritto
canzoni”?
Qual è il tuo rapporto con
Guccini?
Siamo molto amici, io lo amo
molto e lui anche. Ci vediamo spesso, è una grandissima persona. Veramente
simpatico, intelligente, bravo. Com’è sul palco così è a
tavola
Keaton è
nell’immaginario o lo conosci?
Keaton purtroppo non lo
conosco più perché ci ha lasciato. Come tutte le canzoni è un ibrido di elementi
di realtà e di elementi fantastici.
Era un pianista bravissimo,
un po’ disturbato mentalmente, faceva dei disastri nella vita normale, poi
quando si sedeva al pianoforte era un angelo.
Faceva dei disastri nella
vita però metteva anima e corpo nelle mani. Purtroppo non c’è
più.
Non so cosa dirti. Per la
sinistra italiana è una prova, perché non valgono ormai più i vecchi
tradizionali rituali pacifisti. Per la prima volta è concretamente di fronte
alla difficoltà di giudicare.
Siamo di fronte a 2 nazisti.
Clinton è un nazista, Mhilosevic è un nazista. Potrò mai fare la domanda “Tu con
che nazista stai?” Basta con queste bombe, basta con la NATO. All’inizio poteva
essere non dico accettabile ma almeno discutibile. Ora proprio non lo è più.
Non mi sono dato al
pacifismo della prima ora, però adesso basta. Temo che succederà un disastro
perché i nazisti non mollano.
Mi
chiedo, come mai questo rigurgito di nazionalismo? Che cavolo è successo?
Spiegami tu, io non lo capisco.
Non ho la possibilità di rispondere, sono domande che automaticamente mi faccio e ti faccio.
Francamente non ho mai
creduto nelle lotte tipo quelle del popolo basco, mi sembrano lotte reazionarie.
Perciò ci si deve sciogliere in uno stato razionale non in uno stato emotivo,
etnico. Facciamo una federazione, un patto, invece niente. Lo Stato che deve
corrispondere ad una nazione è una visione ottocentesca che ha creato dei danni
allucinanti.
Tito aveva sistemato tutto
razionalmente ma non è riuscito ad incidere sulla coscienza delle persone. E
questa io la considero la sconfitta più grave. Tito aveva un progetto
assolutamente razionale, flessibile, elastico, democratico. I suoi quarant’anni,
però, non sono serviti a niente.
I progetti di solidarietà
vanno bene. Bisogna capire la matrice di questa sofferenza, da dove viene, qual
è il meccanismo che la produce. Bisogna capire da dove viene, conoscerla ed
intervenire allo stadio iniziale, non solo
alleviarla.
Storia vecchia come il mondo, è la stupidità umana….
Sì, però è una definizione
che non mi soddisfa. Non ne ho altre, però non mi soddisfa: è così, così sempre
sarà, è una rassegnazione.
Tu sta sera hai suonato per la solidarietà….
Certo, questo bisogna farlo.
Però voglio capire da dove nasce, intervenire all’origine, alla
fonte.
Non so se riusciremo a trovare la soluzione.
Forse trovarla no, cercarla
però è davvero indispensabile.
Oddio, non pubblicata era
Elisabetta. Avevo 16 anni. E’ una canzone tipo Jannacci. Parlava di due
fidanzatini che stavano in periferia e che andarono al cinema. E mentre lui
cercava di accarezzare le cosce di lei, lei invece voleva vedere un film
ecologista…
A me lo chiedi? Che ne
so….spero piccolo. Meglio stare in piccole nicchie intelligenti che stare in
grossi dobermann idioti.
No, questa no, è troppo
intima.
Allora io da molti anni ho
questa ossessione, questa paranoia della demagogia fascistoide. Siccome
lentamente, lentamente, lentamente sta arrivando io mi spavento molto. Vent’anni
fa vi parlavo, riferendomi alla socialdemocrazia, di Germania. E poi c’è stato
Cossiga, Berlusconi, DiPietro. Di lì al fascismo c’è un passo…. Occorre essere
attenti.
Intervista raccolta da Duilio Loi, direttore di NEU, Luca Littarru e Ruggero Rizzini, i vostri eretici.
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