Luigi Tenderini, cittadino di Recife
di Sandra
Biondo
Luigi Tenderini ha 58 anni. È arrivato in Brasile dal nord
Italia nel 1968 pensando di proseguire nel suo cammino di formazione per
diventare
sacerdote, ma arrivato a S. Paolo ha capito che la sua strada era
un'altra. È diventato operaio mettallurgico, ed ha cominciato a militare
nei
movimenti popolari e nei nascenti sindacati che in quell'epoca, in piena
dittatura militare, tentavano di riscattare la dignità di
lavoratori e
lavoratrici e soprattutto il senso di partecipazione e di cittadinanza negato
dal regime antidemocratico. Fu sequestrato e
torturato, mentre i suoi
aguzzini gli dicevano esplicitamente che non l'avrebbero ucciso, per non
trasformarlo in un eroe.
Nel 1979, su invito di un gruppo di operai del
nordest, si è trasferito a Recife con la famiglia, dove ha potuto realizzare un
desiderio da
tanto tempo tempo coltivato: lavorare a fianco del Profeta dei
Poveri, Dom Helder Câmara. È stato uno dei fondatori del CENAP
(Centro
Nordestino di Educazione Popolare), del CENDHEC (Centro di Studi Dom
Helder Câmara) e della Commissione Giustizia e Pace di Recife.
Alcuni anni
fa, decise di fondare a Recife una comunità Emmaus. A questo scopo, per poter
capire fino in fondo la situazione di chi vive
raccogliendo e riciclando roba
vecchia, ha passato 45 giorni in Argentina, in un'altra comunità, vivendo come
loro, lavorando con loro.
Attualmente la comunità Emmaus di Recife, ospitata
in un capannone alla periferia nord della città, dà lavoro e sopravvivenza a 25
famiglie,
oltre ad organizzare settimanalmente il mercatino dell'usato a
prezzi simbolici, tanto utile ai poveri, e corsi professionalizzanti per
i
giovani che imparano a recuperare oggetti in legno, a riparare
elettrodomestici e a produrre piccolo artigianato.
Luigi è sposato con
Dijanira, ha due figlie e un bellissimo nipotino di 7 mesi che si chiama Helder.
Il giorno 14 novembre la Camera Municipale
di Recife ha conferito a
Luigi la cittadinanza onoraria per il lavoro svolto in favore dellagente, un
lavoro silenzioso e discreto,
lontano dai riflettori e dagli onori
della stampa.
Un lavoro che, proprio per la sua umiltà e semplicità,
diventa ancor più contundente. Luigi (o come lo chiamano
qui, Luís) ha detto
nel suo breve discorso di ringraziamento che riceveva l'onoreficenza in nome di
tutti quelli che hanno lavorato con
lui, dei gruppi, delle associazioni, dei
movimenti, degli amici, dei poveri e di tutti quelli che credono nella
giustizia. In nome tuo, in
nome mio.
In questi tempi di guerra, di
ingiustizia, di ignoranza, in questi tempi in cui essere italiani può dar luogo
anche a un po' di vergogna, persone
come Luís ci fanno recuperare l'orgoglio
di essere suoi concittadini, e la speranza che un mondo diverso sia davvero
possibile.
Pagina pubblicata il 3/12/01