PRONTO? SOCCORSO?
di Mariano De Mattia
Brescia, 28/01/01
Era un martedì
mattina del mese in corso ed io mi ero recato con la mia compagna presso un
centro commerciale presente nel bresciano per acquistare un materasso e tornare
a casa, niente di più facile, ma ahimè quella mattina il destino ci volle
riservare il "privilegio" di sperimentare l'inqualificabile incompetenza dei
sistemi di primo intervento sanitario (118 e pronto soccorso) i cui limiti sono
noti tanto a Brescia quanto altrove. Giunti alla cassa, la mia compagna fu colta
da malore improvviso (capogiro, instabilità, tachicardia e relativo panico). A
questo punto il sottoscritto, immaginando si trattasse di un episodio
ipotensivo, si adoperò per porre in essere le classiche manovre del caso
(somministrazione di zucchero e posizionamento in scarico degli arti inferiori).
Sembrava passato quando, alcuni istanti dopo, eravamo punto e a capo, ritenni
dunque opportuno chiamare il 118. Giunti sul posto in breve tempo, gli operatori
dell'unità mobile di soccorso posizionarono la mia compagna sulla barella e (qui
comincia il "bello") a più riprese uno di loro cercava, con nessun successo, di
rilevare la pressione arteriosa. Tale incapacità non derivava da un grave quadro
ipotensivo bensì dall'inattitudine di chi doveva rilevarne i valori, in altri
termini l'incaricato non riusciva a far aderire il bracciale dello
sfigmomanometro al braccio della mia compagna. Fu a questo punto che io,
qualificandomi come infermiere, chiesi che "l'ardua" manovra fosse lasciata a
me…e così riuscimmo a verificare che non vi era alcun quadro ipotensivo. Nel
momento in cui la mia compagna stava per salire a bordo dell'ambulanza chiesi di
restarle accanto, ma mi fu comunicato il divieto di compiere una tale azione:
"Se vuole può seguirci con la sua auto". Partimmo dunque alla volta del pronto
soccorso di una nota casa di "cura" bresciana poco distante. Nel giro di alcuni
minuti raggiungemmo la sede prevista…e qui la storia assunse davvero toni
tragicomici! Dopo circa 15 minuti d'attesa, mi fu concesso di raggiungere la mia
compagna che, intanto, era stata collocata in astanteria per un breve periodo di
osservazione. Raggiuntala, le chiesi cosa le avessero detto, fatto e chiesto e
la risposta fu per me molto sorprendente: "Mi hanno misurato la pressione"! In
pratica, a nessuno venne in mente di farle un elettrocardiogramma (avendo una
frequenza cardiaca di 135 battiti al minuto), una glicemia periferica (per
escludere un'ipoglicemia), un prelievo ematico per valutare almeno i valori di
un semplice emocromo (visti e considerati il pallore e la cianosi periferica),
una rilevazione della pressione arteriosa in orto e clinostatismo (poiché
l'instabilità si accentuava ogni qualvolta la paziente assumeva la posizione
ortostatica e, nel caso in cui non fossero state rilevate significative
differenze tra le due pressioni, si poteva immaginare che si trattasse di
labirintite e dunque chiedere la consulenza dell'otorinolaringoiatra),
un'attenta raccolta dati sul tenore di vita della stessa paziente (semplicemente
per escludere che si trattasse di un attacco di panico)! Dopo numerosissime sollecitazioni del
sottoscritto, nell'arco di circa quattro ore, tutte le indagini sopra citate
furono avviate e compiute. Ovviamente, non uscimmo dal pronto soccorso con una
diagnosi od un'indicazione che potesse dirsi approssimativamente precisa, ma con
una semplice, banale, e sommaria descrizione della sintomatologia:
"Vertigini"!
In conclusione, come osava dire un famoso conduttore
televisivo, "la domanda nasce spontanea": quando si ricorre ad uno dei sistemi
di pronto intervento, bisogna essere necessariamente accompagnati da un
operatore sanitario che funga da tutore di chi, già vittima di un malore,
rischia altrimenti di essere anche vittima di coloro i quali dovrebbero essere
in grado di prestare soccorso con coscienza, competenza e tempismo?
Pagina pubblicata il 01/04/01